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A scuola di resilienza!

Vorrei chiudere questo 2020 con una riflessione su una parola ampiamente abusata in questo momento, recuperandone tutti i risvolti semantici. Mi riferisco al termine resilienza, che, dall’inglese resilience, è passato in italiano per indicare la qualità fisica di alcuni materiali di non rompersi in seguito a un urto; in psicologia, per sintetizzare la capacità di reagire e non lasciarsi abbattere dopo un duro colpo; in ecologia – come recita l’Enciclopedia Treccani – per identificare “la velocità con cui una comunità ritorna al suo stato iniziale dopo essere stata sottoposta a una perturbazione”. Questo ritorno allo stato iniziale è, in qualche modo, collegato al significato letterale del verbo latino resilio, resilīre da cui provengono resilience e resilienza: “saltare di nuovo” o “saltare indietro”, “rimbalzare”, ma anche “fuggire”, “rinunciare”.

Sappiamo bene che dopo un urto solo un materiale o un tessuto resilienti possono effettivamente tornare allo stato iniziale. Per le persone e per le comunità, la capacità di reagire di fronte a eventi inaspettati e traumatici implica sempre un cambiamento che difficilmente potrà ricondurre alla situazione di partenza. Ed è proprio il 2020 a dimostrarci che il concetto per così dire tradizionale di resilienza è oramai superato. Diventa necessario accogliere un concetto proprio della sostenibilità – la cosiddetta resilienza trasformativa – come ci dice il Rapporto dell’Alleanza italiana per lo Sviluppo sostenibile (ASviS) 2020. L’impatto del Covid-19 sul capitale umano, economico, sociale e naturale non deve tradursi in una resilienza che induca a un ritorno al passato, un salto all’indietro, quanto piuttosto in una trasformazione che sia un salto in avanti.

A conclusione di questo terribile anno, vorrei provare a calare la resilienza trasformativa nella scuola, considerando la capacità di reagire alla pandemia da parte di chi ha fatto dell’istruzione una scelta di vita. Per questo, desisto dal proposito di parlare di politiche dell’istruzione o di scelte ministeriali, nella convinzione che chi è a capo di un ministero lavora per qualche anno (scolastico) o talvolta per un trimestre o un quadrimestre, mentre chi sceglie di lavorare nella scuola pensa che svolgerà questo lavoro per sempre. Questo cambio di prospettiva mi spinge a parlare di persone e scuole che conosco. Da tempo e nell’ultimo anno in particolare, ho avuto la fortuna di confrontarmi con docenti di ogni ciclo scolastico e ambito disciplinare e con studenti di corsi universitari rivolti all’insegnamento. Da un calcolo approssimativo direi che si tratta oramai di migliaia di persone, ciascuna delle quali lavora con decine se non centinaia di alunne e alunni. Senza dubbio un campione esiguo e del tutto parziale, ma forse significativo per testimoniare l’impegno assiduo e costante nel costruire insieme una nuova idea di scuola (post covid).

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A.s. 2020/2021: un nuovo inizio!

L’unica gioia al mondo è cominciare. E’ bello vivere perché vivere è cominciare, sempre ad ogni istante.

Cesare Pavese

Domani, 14 settembre, dopo sei mesi alunne e alunni di tutte le età potranno varcare di nuovo la soglia della loro scuola. Stavolta al suono della campanella non si potrà entrare di corsa per riabbracciare amiche e amici, per precipitarsi verso l’aula a occupare il posto accanto al compagno o alla compagna di banco!

Per la prima volta si entrerà in file ordinate e composte, con mascherine che nasconderanno i sorrisi, con mani appiccicose di igienizzante che non potranno stringere altre mani per un saluto.

Molte incertezze, paure e ansie infinite costellano il mondo degli adulti, ma per i più giovani la parola d’ordine è: ricominciare! Di questo anno scolastico, tra qualche anno, leggeremo sui libri di scuola, dopo il capitolo sulla peste nera del 1348, ci sarà anche il Covid-19. Riaprire le scuole significa partecipare a un pezzo di Storia dell’Italia e del mondo. La nostra storia personale diventa storia collettiva.

Che cosa vogliamo ricordare di questo anno scolastico? Spero non soltanto angosce e timori, ma piuttosto il desiderio di rinnovare la scuola e il senso di appartenenza a una collettività. Forse non è una coincidenza fortuita se proprio da settembre 2020 l’educazione civica diventi insegnamento trasversale e torni ad avere grande attenzione nella scuola. Per la prima volta l’apprendimento di questa disciplina non passerà attraverso i libri, ma al contrario muoverà da azioni concrete, a cominciare dal rispetto di regole rigide dettate dalle misure di sicurezza.

A chi lavora a scuola è richiesta una grande resilienza per dare ancora una volta il buon esempio alle nuove generazioni, nonostante tutto. Da domani, ogni persona che a vario titolo varcherà il portone della sua scuola potrà fare la differenza e lasciare un segno in questo pezzo di storia, di cui speriamo di scrivere presto il lieto fine.

Buon anno scolastico!

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Come valutare il non esame del primo ciclo?

Nonostante l’assenza dell’esame, cerchiamo di valorizzare il percorso svolto nei tre anni di scuola secondaria di I grado, mettendo in luce soprattutto la crescita personale… probabilmente accelerata o, quanto meno, segnata dagli eventi drammatici degli ultimi mesi!

Condivido il link alla registrazione di un webinar a cui ho avuto il piacere di partecipare su invito del prof. Cristiano Corsini (Università di Roma Tre) e del prof. Federico Batini (Università di Perugia), che ringrazio non solo per questa occasione, ma soprattutto per essere stati, attraverso i loro studi, punti di riferimento per il mio lavoro a scuola.

Spero che questo webinar possa essere di aiuto per riflettere su aspetti docimologici e normativi legati alla valutazione e al fatidico elaborato finale.

Qui le slide della mia presentazione

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DaD: una questione semantica (e non solo)

Nel 2013 usciva il saggio del linguista israeliano Guy Deutscher La lingua colora il mondo. Come le parole deformano la realtà, nel quale, a partire dalla denominazione dei colori in varie lingue del mondo, si mostra come la lingua che parliamo possa avere un’influenza molto marcata sulle nostre percezioni. L’idioma di una nazione rispecchia la sua cultura e la sua modalità di pensiero anche nella classificazione linguistica delle sfumature cromatiche che cogliamo osservando il mondo che ci circonda. Le parole che usiamo rappresentano il nostro punto di vista sul mondo.

Proviamo a fare un piccolo esperimento linguistico con l’espressione Didattica a Distanza. In Italia per un percorso di studio erogato a distanza generalmente si usavano l’espressione Formazione a Distanza, indicata anche con l’acronimo FAD, oppure il prestito anglosassone E-Learning. Premesso che formazione a distanza ed e-learning non si riferiscono a concetti perfettamente sovrapponibili, è interessante notare che tali nomenclature siano entrambe riconducibili al campo semantico dell’apprendimento e della formazione. Il punto di vista scelto si riferisce a chi apprende a distanza o viene formato e non tanto – o, almeno, non soltanto – a chi assume il ruolo di formatore o eroga contenuti di apprendimento.

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Kit di Didattica a Distanza

A dispetto delle aule vuote – ma ancora presidiate da DS e collaboratori scolastici – e della permanenza a casa di alunni/e e docenti che ha spinto qualcuno a pensare che si trattasse per tutti/e di una lunga vacanza, la scuola italiana è in grande fermento! La didattica a distanza, l’innovazione e le tecnologie sono entrate prepotentemente nel mondo della scuola, aprendosi un varco in una situazione di emergenza in cui non è possibile fare altrimenti. Sebbene non manchino le difficoltà, come abbiamo visto nell’articolo Andrà tutto bene!, ora è il momento di agire, rimandando al post coronavirus riflessioni e proposte concrete per una scuola del futuro in cui non resti indietro chi è meno tecnologico o non ha i mezzi per diventarlo.

La rete pullula di webinar, scambi sui social, tutorial e corsi online per qualsiasi cosa. In questo momento, la parola d’ordine è condivisione: di idee, di esperienze, di competenze, di dubbi, di incertezze, di paure, ma anche di entusiasmo, di voglia di rinnovare la scuola con i fatti e non solo a parole! In questa rete – reale e virtuale – di studenti, docenti, tecnici, personale ATA e dirigenti che si stanno mettendo in gioco in un momento così tragico per il nostro Paese, il contagio – quello di buone prassi! – non è affatto un rischio ma una grande opportunità!

Per questo ho pensato a un piccolo aiuto per studenti e soprattutto docenti che non hanno grande esperienza di didattica a distanza, raccogliendo idee per creare un ponte tra la didattica tradizionale e la didattica a distanza e segnalando alcuni link utili per proseguire la propria formazione altrove.

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Andrà tutto bene!

In questi giorni sospesi di ansia e di ritiro sociale, si assiste a un dibattito assai vivace sulla didattica a distanza. Non entro nel merito di questioni pedagogiche sull’importanza della relazione educativa e sull’incapacità di sostituire la scuola in presenza. In effetti è così: la relazione non si può sostituire con una videoconferenza o con una videolezione. Il virtuale è solo un surrogato. Lo sa bene chi, come me, sperimenta un lavoro diverso dopo aver passato anni e anni in classi di adolescenti: un’ora di lezione in classe riempie la vita di emozioni, energia, fatica che solo bambini/e e ragazzi/e sono capaci di farci sperimentare!

Tuttavia, per altri motivi, penso che il coronavirus segnerà una cesura nel mondo scolastico. Forse, quando tutto questo sarà finito, riusciremo a vedere una scuola ante e una scuola post coronavirus.

La quarantena ci obbliga, infatti, a fare i conti con il binomio digitale & didattica oppure, per i più tradizionalisti, digitale vs didattica.

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Inizia una nuova avventura!

Lieta di far parte dei 200 docenti italiani selezionati dal Centro Studi Erickson di Trento per il progetto “Expert Teacher”! Condividere buone pratiche, confrontarsi con docenti, psicologi, pedagogisti e formatori che hanno dato tantissimo alla Scuola italiana è un grande privilegio per me. Non si finisce mai di imparare, di studiare, di mettersi in gioco: è l’unico modo che conosca per alimentare passione, entusiasmo e coraggio di fronte alle sfide che ogni giorno mi aspettano in classe e nella vita.

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