Per i Romani l’arte di vivere si realizza nell’equilibrio tra negotium e otium, tra la dimensione pubblica dei doveri e del lavoro e la dimensione privata dedicata alla cura di sé, anche e soprattutto, attraverso la ricerca della bellezza nell’arte, nella musica, nella poesia… Una ricerca orientata verso la kalokagathìa dei Greci, l’unione del bello e del buono nell’ideale di perfezione fisica e morale cui ogni uomo può tendere.
In un anno in cui spesso il peso delle responsabilità sul lavoro mi ha portato un forte senso di inadeguatezza, l’otium è diventato un rifugio e la kalokagathìa è entrata a pieno titolo nella dimensione del negotium. Entrare in classe dovrebbe essere sempre un piacere, ma talvolta l’ansia di procedere speditamente con gli argomenti da spiegare e poi da valutare, i ritmi serrati delle scadenze e delle verifiche, i tempi che rendono ogni ora di lezione un pezzo di una catena di montaggio fanno perdere il gusto di condividere la lettura, la scrittura, lo studio come esperienze di vita prima che come doveri. Tutto è troppo veloce e si viene risucchiati in un vortice.