In questi giorni sospesi di ansia e di ritiro sociale, si assiste a un dibattito assai vivace sulla didattica a distanza. Non entro nel merito di questioni pedagogiche sull’importanza della relazione educativa e sull’incapacità di sostituire la scuola in presenza. In effetti è così: la relazione non si può sostituire con una videoconferenza o con una videolezione. Il virtuale è solo un surrogato. Lo sa bene chi, come me, sperimenta un lavoro diverso dopo aver passato anni e anni in classi di adolescenti: un’ora di lezione in classe riempie la vita di emozioni, energia, fatica che solo bambini/e e ragazzi/e sono capaci di farci sperimentare!
Tuttavia, per altri motivi, penso che il coronavirus segnerà una cesura nel mondo scolastico. Forse, quando tutto questo sarà finito, riusciremo a vedere una scuola ante e una scuola post coronavirus.
La quarantena ci obbliga, infatti, a fare i conti con il binomio digitale & didattica oppure, per i più tradizionalisti, digitale vs didattica.
Correva l’anno 2006, quando è apparsa la Competenza digitale tra le otto competenze chiave per l’apprendimento permanente individuate nella Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio. In quel documento si diceva che:
la competenza digitale consiste nel saper utilizzare con dimestichezza e spirito critico le tecnologie della società dell’informazione (TSI) per il lavoro, il tempo libero e la comunicazione. Essa è supportata da abilità di base nelle TIC: l’uso del computer per reperire, valutare, conservare, produrre, presentare e scambiare informazioni nonché per comunicare e partecipare a reti collaborative tramite Internet.
Di lì a poco sono iniziati piani per la diffusione delle lavagne interattive multimediali (LIM) nelle scuole. Ma tale diffusione è avvenuta a macchia di leopardo perché nel nostro Paese l’innovazione passa sempre attraverso la (buona) volontà di chi dirige le scuole e di chi ci insegna. DS illuminati/e hanno pianificato l’introduzione delle LIM e la formazione del corpo docente: molti/e di loro fanno parte di quelle regioni che dal mese scorso individuiamo come zone rosse a causa del contagio, ma non mancano esempi anche nelle regioni del Centro e del Sud, basti pensare al caso della Puglia.
L’introduzione delle LIM ha avuto riflessi sull’editoria scolastica. Si è cominciato a introdurre materiali multimediali abbinati al libro di testo cartaceo, che è stato poi sostituito obbligatoriamente dal formato digitale o dal formato misto (cartaceo + digitale) a partire dall’anno scolastico 2014/2015.
La tanto discussa Legge 107/2015 sulla Buona Scuola ha introdotto nel 2015 il Piano Nazionale della Scuola Digitale. Non sono mancate iniziative per la diffusione della tecnologia e per la formazione di dirigenti e docenti ed è stata istituita la figura dell’animatore digitale in ogni istituzione scolastica, con un incentivo economico che per gli standard scolastici non è poi così inadeguato. Ma, anche in questo caso, tutto è stato affidato alla volontà e all’iniziativa individuale: chi mostra più apertura all’innovazione si forma e cerca di innovare la scuola. Ci sono animatori e animatrici digitali che hanno investito tempo ed energie per trasformare le scuole dove lavorano, in altri casi questa figura ha risposto solo a un adempimento normativo, facendo poco o nulla per formarsi o per formare colleghi/e.
La Legge 107 ha introdotto per il personale di ruolo anche la Carta del Docente, con una quota di 500 euro annui da investire nella formazione, in esperienze culturali e in acquisto di libri, riviste e device come tablet e pc. Il mese scorso imperversavano polemiche sull’uso della Carta del Docente: pare che venga utilizzata nel 77% dei casi per l’acquisto di tablet e pc, contro un 7% per l’acquisto di corsi formazione. Di qui varie proposte per eliminarla o per indirizzarne l’impiego verso la formazione.
Che cosa ha a che vedere tutto questo con il coronavirus?
Il coronavirus ha scoperchiato il vaso di Pandora nella scuola italiana, manifestando che in Italia esiste un analfabetismo funzionale anche a livello di tecnologie e un digital divide che segna non soltanto la distinzione tra chi ha accesso alle tecnologie e chi no, ma anche tra chi ha il possesso delle tecnologie e chi può dire di averne una padronanza che viene da una reale competenza digitale. Il 77% dei/delle docenti acquista tablet e pc con la Carta del Docente, la maggioranza degli alunni e delle alunne usano tablet e cellulari fin dalla più tenera età ma il giorno in cui, a causa di un’emergenza, siamo chiamati/e a usare il nostro smartphone, il nostro tablet e il nostro pc per studiare, per insegnare, per lavorare… andiamo in tilt!
Il sistema non regge perché la Competenza Digitale e l’innovazione sono ancora un’utopia. Ci troviamo a fare i conti con alcuni problemi:
- l’accesso alle tecnologie e, soprattutto, alla rete non è garantito a tutti/e,
- non tutte le scuole sono dotate di LIM o di aule speciali con attrezzature informatiche, con il risultato che docenti e alunni/e non sono abituati a usare il digitale come integrazione della lezione in classe,
- chi lavora nella scuola può permettersi di ignorare – completamente o quasi – una competenza rispetto al digitale, che implica conoscenze e abilità diverse rispetto all’uso personale di uno smartphone o di un pc,
- tutte le piattaforme dedicate alla scuola (dai registri elettronici ai siti web dell’editoria scolastica) si stanno rivelando inadeguate perché – ironia della sorte! – le magnifiche sorti e progressive pubblicizzate attraverso la grande varietà dei loro servizi finora sono state garantite dal fatto che solo pochi utenti accedevano contemporaneamente a tutti gli strumenti offerti. Ora che tutti gli utenti sono incollati al proprio device per caricare o scaricare materiali e per comunicare attraverso aule virtuali, la rete non regge!
Ed ecco che il coronavirus mette in crisi anche la scuola e ci obbliga a stare a casa a riflettere sul livello di innovazione tecnologica che abbiamo raggiunto in questo Paese a partire proprio dall’impostazione della didattica, che sia in presenza o a distanza!
Ma una nota positiva c’è: la resilienza di chi ancora crede che la scuola debba essere un’ancora di salvezza, anche in una situazione drammatica come quella che stiamo vivendo!
Con l’augurio che questo momento difficilissimo possa essere un’occasione di condivisione e di crescita per la scuola italiana e per tutto il nostro Paese, cercherò di rendermi utile tramite questo blog e nelle varie classi virtuali costruite con docenti che ho avuto il piacere di conoscere nei corsi di formazione!
Andrà tutto bene!