Orientarsi

Eccoci giunti a una fase delicatissima per i docenti: consegnare il “consiglio orientativo” agli alunni della terza media.

Quanto è difficile orientarsi nella scuola e nel mondo di oggi!

Per il Ministero dell’Istruzione l’orientamento si attua attraverso documenti programmatici, valutazioni statistiche, piani strategici che dovrebbero tracciare un sistema integrato in cui la scuola e il mondo del lavoro viaggino di pari passo.

Nulla di più distante dal fascino che l’orientamento ha avuto fin dall’antichità. Cercare l’Oriente significava comprendere la propria posizione nel mondo, guardando le stelle, tracciando linee immaginarie, cercando punti di riferimento a partire dalla personale conoscenza del mondo, alla continua ricerca di indizi e di tracce da intercettare e seguire.

Fuor di metafora, a mio parere, l’orientamento è ancora questo. Non esiste alcuno strumento efficace che possa stabilire con certezza quale sarà la scelta migliore per i nostri ragazzi. 

Entrano in gioco inevitabilmente fattori imponderabili, come le passioni e i talenti dei ragazzi, le speciali alchimie che nascono a scuola con gli insegnanti e i compagni. In questi anni ho conosciuto centinaia di ragazzi, molti dei quali mi hanno costantemente aggiornato sul loro percorso scolastico nelle scuole superiori. Ho visto alunni problematici diventare dei perfetti gentlemen grazie all’istituto alberghiero e trovare una loro passione che li ha riscattati da un destino segnato; alunni eccellenti delusi da Licei troppo rigidi e antiquati, alcuni di loro sono arrivati a chiedermi consigli su libri da leggere o ricerche su argomenti diversi per ritrovare motivazione; alunni, che secondo una valutazione standard non avrebbero mai potuto frequentare un liceo, tirare fuori una determinazione e una tenacia tali da trasformare le difficoltà in risorse.

Chi può avere la certezza che una X su una domanda d’iscrizione garantirà un percorso ottimale e una solida preparazione al mondo universitario e al mondo del lavoro? Chi può stabilire che i ragazzi riusciranno a tirare fuori il meglio in un contesto apparentemente perfetto?

Torno al lontanissimo 1992, quando mi iscrissi al liceo classico del mio paese. Non esisteva il Piano dell’Offerta Formativa, non c’erano brochure o siti web che pubblicizzassero le mille virtù della scuola né tanto meno gli Open Day.

Scelsi semplicemente l’unico liceo classico che esisteva, per giunta nato tre o quattro anni prima, sede succursale di qualche grande liceo di città limitrofe a cui veniva abbinato dal Provveditorato e dal quale prendeva perfino il nome, con un’unica sezione, con docenti giovani all’inizio della loro carriera, frequentato da molti studenti provenienti da famiglie modeste. Con le premesse di allora, chi mai oserebbe scegliere una scuola del genere oggi?

Eppure ogni anno gli iscritti non mancavano. In capo a poco tempo, grazie a docenti preparatissimi e a qualche dirigente illuminato, questo liceo è diventato un unicum per la formazione solida e soprattutto per la passione e la motivazione che riusciva a trasmettere anche agli alunni meno dotati. Il latino, il greco, la letteratura, l’arte, la filosofia diventavano un tutt’uno con la vita. A nessun docente sarebbe passato per la mente di decantare l’utilità delle materie umanistiche né tanto meno di presentarle come finalizzate al ragionamento astratto o al perfezionamento di un metodo, semplicemente perché era talmente travolgente il piacere della cultura che nessuno lo avrebbe mai definito come inutile, astratto o avulso dalla realtà!

Nel 2000 una ricerca dell’ISTAT inseriva questa scuola tra i primi dieci licei classici d’Italia, in base ai risultati riportati agli esami di maturità. La maggior parte degli alunni formatisi lì ha avuto un percorso universitario eccellente e in qualche caso davvero singolare, di alcuni si è parlato anche in un articolo del Venerdì di “Repubblica” del 2011, quando la terribile Riforma Gelmini imponeva un tetto minimo di 27 alunni per la formazione delle classi (valido tutt’ora), mettendo a serio rischio la sopravvivenza di una simile realtà scolastica. Oggi questa scuola ha superato anche questo momento di burrasca e continua a formare ragazzi e ragazze che coltivano la speranza di rendere il mondo migliore attraverso le humanae litterae.

Nasce da qui la mia idiosincrasia per alcune scuole delle grandi città. Parlo di illustri licei rinomati soprattutto per il rigore, la disciplina, lo studio come una fatica fine a sé stessa, il cui scopo è portare alla fine del percorso di studi solo gli studenti reputati migliori, in base a una sorta di selezione darwiniana, ignorando però che lo stesso Charles Darwin scriveva:

Non è la più forte delle specie che sopravvive né la più intelligente, ma quella più reattiva ai cambiamenti.

Articolo Liceo.jpg